





























Nel mio lavoro più recente, mi interrogo sulla fragile potenza dei volti e dei corpi adolescenti, sospesi in quella zona liminale in cui l’infanzia si è già ritirata ma l’età adulta non è ancora compiuta. In questo tempo di passaggio, ogni gesto appare assoluto, ogni sguardo contiene un’intera cosmogonia. Sto cercando di costruire un archivio visivo di questo stato di soglia: un’età che non si lascia facilmente nominare, ma che parla con chiarezza attraverso la pelle, le pose, le esitazioni. In quei volti, spesso mi sorprendo a riconoscere qualcosa di me: echi di un tempo passato, frammenti delle mie origini, risonanze sottili che emergono dalla memoria profonda. Il ritratto è diventato così anche un modo per ascoltare, per ricordare da dove vengo, per rallentare e rimanere in presenza.